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Sfiorando un sogno

Part I sent by Jryan^ and uploaded on data 15/February/2003 23:13:46


Era febbraio. Il freddo era pungente e le ore passavano veloci ed inosservate, immerse nel grigiore di un cupo inverno. Sentivo il bisogno di vivere con maggiore autenticità, di assaporare ogni momento per poterlo ricordare con piacere in un remoto futuro, e invece, come se la vita non fosse degna di nota, mi lasciavo scivolare tra le dita il tempo e le esperienze , senza darvi alcun peso.Tornato a casa dall’università mi rifugiavo in mondi fantastici, scrivendo…o leggendo libri che avevo già letto per il solo gusto di evadere dalla realtà che mi opprimeva.Me ne stavo sdraiato sul divano ad ascoltare della musica; saranno state le 23 e 30. Con la cinta dei jeans slacciata e con un caldo maglione blu che però non mi difendeva dal freddo me ne stavo in silenzio a riflettere. Fu per caso che pensai di uscire e andarmi a bere una birra.

Fatti pochi passi da casa mia decisi di andarmene al solito pub, bere una buona birra danese e starmene li a parlare con i soliti clienti che ormai mi conoscevano benissimo.Appena entrato nel locale provai una sensazione di piacere : le luci erano soffuse, la musica pacata e l’ambiente caldo. I proprietari mi salutarono con un cenno accompagnato da un sorriso:<< Buona sera…il solito belli!>> gli dissi io rilassato.Mi sedetti al tavolo dell’angolo vicino alla vetrata. Era il mio tavolo preferito perché li, la luce che proveniva dall’esterno…dalla luna, o dai fari di un auto, proiettava sulla parete di fronte a me e sul tavolo un trionfo di colori. Quando mi fu servita la birra feci un sorso e mi iniziai a guardare intorno.

C’erano le solite persone, ragazzi della mia età che conoscevo solo di vista, altri erano trentenni affannati che qui, si sedevano e socchiudevano gli occhi ascoltando la musica e parlando tra loro a voce bassa. Mentre volgevo lo sguardo intorno la mia attenzione si soffermò su una ragazza, era bionda, molto carina e sorseggiava qualcosa. La penombra non mi premise di capire dove rivolgesse lo sguardo e così la guardai a lungo. D’un tratto lei si alzò e venne verso di me. Sentii i suoi passi avvicinarsi e la guardai per poi restare abbagliato dai suoi occhi quando attraversò una parte illuminata del locale. Mi colpì e mi sentii spaventato ed emozionato allo stesso tempo. La ragazza che sarà stata alta un metro e sessanta , indossava degli stivali ed una gonna corta, nonostante il freddo. Sopra portava un maglione scuro che la avvolgeva, mostrandone le belle forme.

Mi disse :<< Ciao…ci conosciamo?>> probabilmente l’avevo messa in imbarazzo, fissandola, risposi tradendo la mia emozione per il tono della mia voce :<<No, credo di no… scusami se ti messo in imbarazzo fissandoti, ma stavo solo cercando di vederti nella penombra>><< ah, non ti preoccupare…>><< Io sono Riccardo…molto piacere!>> le dissi io tendendole la mano. Lei la strinse e il solo contatto con la soffice pelle della sua mano mi fece sentire in paradiso;<<Io mi chiamo… Dolceluna, il piacere è mio!>> rispose lei. La guardai come se fossi abbagliato e poi continuai :<< Ti va di sederti con me? Viene un po’ di tristezza a starsene da soli ad un tavolo, e credo che come me , le persone che sono qui non desiderino altro che un po’ di compagnia.>> La bellissima Dolceluna mi guardò, sorrise e si sedette davanti a me. Parlammo un po’ e quando si creavano dei silenzi mi agitavo e cercavo subito di trovare qualche altro argomento. Era strana, avevo l’impressione che quella ragazza , seduta davanti a me , fosse ciò che aspettavo da anni, mi guardava con occhi penetranti e quando si venne a creare l’ennesimo silenzio lei mi disse :<< MI sembra di conoscerti da una vita…>> io posai lo sguardo in un luogo indefinito e risposi:<< anche io ho questa impressione. Dove abiti?>>Qualche minuto dopo eccoci a tutti e due in strada. Camminavamo vicini, stretti nelle giacche.<< Grazie di avere deciso di accompagnarmi a casa, con questo buio sarei stata spaventatissima!>><< Oh! Ma di che, per me è un piacere!>> risposi. Arrivati davanti a casa sua lei aprì il portone e disse:<< vuoi salire a bere qualcosa di caldo?>> io naturalmente accettai e la seguii.Non stavo fantasticando sul sesso o su cosa sarebbe potuto accadere una volta entrati nel suo appartamento, sapevo soltanto che ero felicissimo e che il solo pensiero di poterla salutare con un bacio sulla guancia mi faceva trasalire. L’ascensore era rotto così salimmo le scale, lei era davanti a me ed io le osservavo gli stivali e le gambe immaginandomi piccolo piccolo, stretto ad il suo tacco.

Eh si , quelle erano mie fantasie ricorrenti, e avevo la strana impressione che con lei ne avrei potuto parlare tranquillamente. Naturalmente non l’avrei mai fatto, non potevo mostrarmi, subito, con una ragazza appena conosciuta , in tutte le mie stranezze.Dolceluna aprì la porta ed entrammo nel suo salotto , la ragazza si levò la giacca e la gettò sul divano, poi ci si sedette abbassò la zip al primo stivale. Io la guardai emozionato. Indossava dei collant scuri e quando camminò scalza fino alla cucina ascoltai i suoi morbidi passi estasiato.<< Aspettami qui Riccardo, vado a prenderti qualcosa!>> Restai da solo in salotto per qualche minuto e subito presi in mano un suo stivale per contemplarlo e fantasticare un po’. L’odore era buono e così lo avvicinai al viso; in quel momento sentii un urlo. Sussultai e vidi un minuscolo omino agitarsi sul fondo della calzatura, era malconcio e terrorizzato.

Posai a terra lo stivale, sgomento, e mi guardai intorno spaventato:<< Non è possibile, quello era un uomo!! Ma come cavolo è diventato così!!>>La voce di Dolceluna mi colse di sorpresa, mi voltai e la vidi in piedi sulla porta della cucina; mi disse:<<Hai visto Valerio? È ancora vivo?>> io non risposi terrorizzato ed esclamai :<< ma cosa gli è successo?>> Dolceluna camminò verso di me , io indietreggiai e lei prese lo stivale in mano, vi guardò dentro e sorrise. Rovesciò lo stivale e fece cadere a terra quel piccolo omino che lei aveva chiamato Valerio e che ora ai suoi piedi non sembrava nient’altro che un minuscolo insettino:<< grazie per la serata, piccolo, ora però è ora di salutarci!>> disse lei guardandolo dall’alto. Valerio si mise in ginocchio tremante e guardava verso di me come per chiedermi aiuto, io restai immobile ed attonito quando vidi che Dolceluna alzava il piede : lo stava per calpestare, era una cosa terribile ma anche la mia fantasia più ricorrente. La ragazza riabbassò il piede lentamente sul piccolo uomo, lo premette a terra con le dita del suo bellissimo piede, valerio fu costretto a sdraiarsi, allora Dolceluna premette con violenza, inarcando il piede e scaricando tutto il suo peso su Valerio. Socchiuse gli occhi per godersi la sensazione e poi rigirò le dita sull’esserino un paio di volte finchè non scomparve , rimanendo nient’altro che una macchiolina rossa sul pavimento e sul tessuto del collant di Dolceluna.Io restai ancora impassibile e la guardai con il cuore in gola. Dolceluna mi guardò a sua volta e mi disse:<<Era il mio animaletto domestico. Mi aveva stancato, era così volgare che ho deciso di infilarlo nel mio stivale e farci quattro passi. Non ti preoccupare, lo avrei schiacciato anche se tu non si fosse fatto vedere da te, tu non c’entri!>> mi tranquillizzai un po’ dopo le sue parole, non tanto per il contenuto, ma per quello che mi aveva dato a intendere : lei non aveva intenzione di ridurre così anche me.

Mi ricredetti subito appena la ragazza mi si avvicinò dicendo:<<Adesso però tocca a te, purtroppo hai visto troppe cose e non posso lasciarti andare, potresti raccontarlo a qualcuno e mettermi nei guai. Mi dispiace Riccardo, mi eri simpatico!>> Mi si gelò il sangue e stavo per correre via quando lei mi accarezzò il viso: sentii un brivido percorrermi la schiena ed in un lampo, dopo una forte sensazione di vertigine , mi ritrovai piccolissimo, alto tre centimetri, ai piedi di Dolceluna. Mi investì un odore fortissimo e celestiale. Osservai le enromi dita del piede della gigantessa posate davanti a me, velate dalla calza. Nel mio campo visivo riuscivo a vedere solo quelle , ma alzando lo sguardo riuscii a vederle il viso, lontanissimo e sfocato, quasi nascosto dal seno. Sorrideva, e i suoi occhi posati su di me mi annichilivano. Adesso ero alla stregua di un insulso insettino, ero come quel Valerio che era andato incontro ad una fine così terribile. Ero spaventato ma nell’osservarla così enorme davanti a me sentii una grande felicità: le mie fantasie, i miei sogni, ora si erano avverati, e torreggiavano su di me, pronti a farmi sparire per sempre dalla faccia della terra. Pensai che se doveva finire , almeno avrei realizzato fino in fondo i miei sogni; prima che Dolceluna potesse muoversi o dire qualcosa io camminai lentamente, con le gambe che mi tremavano, fino al suo alluce; l’unghia arrivava più o meno all’altezza del mio viso; appoggiai le mani sul morbido polpastrello sentendo uno stupendo calore attraverso la calza, poi avvicinai lentamente il mio viso e baciai quell’immenso dito odoroso, poi lo leccai con decisione, sentendomi pervadere il corpo di eccitazione al cospetto di quella colossale e divina ragazza. Ecco , adesso ero pronto a morire.Stranamente però Dolceluna non si mosse; alzai lo sguardo e la vidi con gli occhi socchiusi e le labbra schiuse come i petali di una rosa. Respirava lentamente , come se stesse assaporando fino in fondo quel mio spontaneo gesto di amore e di sottomissione. Pensai che qualunque fosse stata la sensazione che le avevo regalato io sarei morto, ma quando Dolceluna aprì gli occhi , mi guardò con uno sguardo ammirato e tranquillo.

<< Non posso schiacciarti dopo questo tuo gesto…non ancora, meriti di essere conosciuto meglio.>>restai a bocca aperta sentendo echeggiare le sue parole nella mia testa. La ragazza si chinò e mi prese tra l’indice ed il pollice. Portatomi all’altezza del viso mi sorrise. Io ero stretto tra le sue morbide dita e mi sentivo in paradiso. Un attimo dopo tornai normale, alto 1.80 e ancora vivo. Lei si sedette sul divano e io le chiesi, quasi dispiaciuto:<< perché mi hai fatto tornare normale?>>Dolceluna mi rispose:<< voglio che tu adesso te ne vada a casa. Voglio che sia tu a decidere se vorrai diventare mio. Se domani tornerai qui allora ti rifarò diventare piccolo e sarò la tua padrona, se non lo farai spero solo che non racconterai a nessuno di sta sera. Adesso va, buona notte.>>Non aggiunsi alcuna parola. Camminai semplicemente verso la porta con lo sguardo rivolto verso il basso. Ero combattuto, una parte di me desiderava solo fuggire per scampare alla fine di Valerio, l’altra si era innamorata della stupenda Dolceluna.

Richiusi la porta alle mie spalle e scesi le scale. Una volta in strada guardai verso il palazzo di Dolceluna, pensai di tornare sui miei passi, ma poi presi a correre verso casa, la scelta la rimandai al giorno successivo.Non riuscii a chiudere occhio, scrissi solo centinaia di rime su quello che avevo vissuto, sulle mie sensazioni, su Dolceluna. Scrivevo sempre rime quando ero emozionato o semplicemente quando vivevo la vita fino in fondo… grazie a Dio, come il sole spuntato all’improvviso in un giorno nuvoloso ed opprimente Dolceluna mi aveva riempito di forza. Ricordo che quella notte le ore passarono lentissime e piene di pensieri.

La mattina dopo mi alzai dal letto ancora vestito; probabilmente mi ero addormentato improvvisamente. MI lavai e poi uscii di casa senza fare colazione, mi infilai solo in tasca i fogli di carta stropicciati sui quali avevo scritto le rime, non ricordo con quale intenzione, probabilmente avrei voluto farle leggere a Dolceluna ma ancora ero spaventato al pensiero di rincontrarla. Lei era tutto, era quel ideale, quel sogno e quella speranza che ti accompagna per tutta la vita e che da un senso. Spesso, purtroppo, non si ha il coraggio per tuffarsi in quello che desideri veramente, e si preferisce contemplarlo da lontano, in modo da non rischiare di rovinare quel desiderio che da ti da uno scopo.Andai all’università guidando come un matto. Raggiunsi al bar i miei amici e poi andammo a studiare; a tutti accennai di una ragazza, ma a nessuno raccontai le cose più a fondo; Dario, Luca, Marco e Daniele si mostrarono interessati alle mie descrizioni di Dolceluna , ma mi interruppero di colpo dicendomi: << beh, ma te la sei fatta si o no?>> Quella era la domanda che più mi infastidiva, molti di loro avrebbero mentito al posto mio , ma io risposi di no. Subito persero tutti interesse.

Il pomeriggio i miei amici vennero a studiare a casa mia. Fino a tarda sera non accennarono ad andarsene , cenammo insieme, io ero titubante; adesso che l’andare da Dolceluna sembrava impossibile a causa di quegli amici invadenti, lo desideravo ardentemente.Verso le 23 Io ed i miei amici salimmo in macchina avevamo intenzione di andarcene in qualche locale. Passammo davanti casa di Dolceluna e io frenai:<<raga, devo fare una cosa, aspettate qui , torno subito, e non toccate la radio!>>Le loro voci sgomente mi echeggiarono dietro mentre correvo verso il portone, volevo lasciare le mie rime nella cassetta postale di Dolceluna e poi tornare dai miei amici. Trovai il portone aperto , così entrai: << gliele lascerò davanti alla porta!>> pensai entusiasta.

Salii le scale veloce , con il cuore in gola; una volta davanti alla porta posai i fogli e mi voltai per scendere le scale: sussultai. Mi ero ritrovato davanti Dolceluna , era appena salita e adesso mi stava guardando sorridente:<< ciao…>> le dissi io per metà felice e per metà terrorizzato, come chi si è appena cacciato in trappola. La ragazza mi rispose:<< ciao… che ci fai qui?>> io allora risposi indicando il pavimento:<< volevo lasciarti… queste…>> Dolceluna guardò dietro di me e disse:<< Cosa sono?>><< Cose che ho scritto pensando a te… spero ti piacciano. Comunque non ho ancora deciso se farmi rimpicciolire di nuovo o non incontrarti mai più...credo mi serva più tempo… magari se vivrò un momento di lucidità saprò dire addio al resto del mondo solo per te.>>

Dolceluna annuì. Si chinò e prese i miei fogli stropicciati, in quel momento notai che aveva il pungo dell’altra mano chiuso. La ragazza entrò nell’appartamento e mentre richiudeva la porta mi disse:<<Torna qui quando sarai deciso Riccardo.>>Scesi le scale di corsa per tornare in macchina, salii al posto di guida ed esclamai :<< andiamo!>>Non udii nemmeno un suono. Mi voltai i miei amici non c’erano più. La macchina era aperta e un sedile era abbassato in avanti, come se qualcuno avesse tentato di scappare. In un attimo mi tornò in mente il pungo di Dolceluna. Pensai che aveva rimpicciolito i miei amici per soddisfare la sue fantasie, forse era per colpa del mio dubitare. Sentii una profonda ansia, mi bruciava nello stomaco.

Dovevo avere la situazione chiara, dovevo aiutare i miei amici e nello stesso tempo non potevo perdere Dolceluna.Scesi dalla macchina e camminai verso il portone; se Dolceluna aveva il potere di rendere gli uomini così piccoli non era di certo magia, era volontà. <<Potrei riuscirci anch’io, potrei rimpicciolirmi da solo e intrufolarmi in casa di Dolceluna.>>Salii le scale e una volta davanti alla porta del suo appartamento pensai con tutta la mia forza di rimpicciolirmi. Non arrivai a niente. Deluso mi appoggiai alla porta pensando che forse era meglio suonare il campanello e chiedere direttamente alla ragazza dove fossero finiti i miei amici, ma sentii un brivido identico alla sera prima; in un lampo mi ritrovai di nuovo piccolo 3 centimetri , sull’immenso pianerottolo, dominato dalla altissima porta dell’appartamento. Sentivo un vento sconosciuto sibilare sinistro intorno a me, era l’aria che si insinuava tra le finestre e sotto le porte, non ci avevo mai fatto caso. <<probabilmente..>>pensai<< è lei ad emanare questo strano potere…tutto ciò che le è vicino risente della sua volontà.>> ma i miei pensieri non avevano alcun fondamento, sarebbe stata solo la bella Dolceluna a rivelarmi la verità, in un futuro poco lontano.Preso coraggio mi avvicinai alla robusta porta, sotto c’era un piccolo passaggio, una fessura in cui sarei passato a stento ma che mi avrebbe permesso di entrare in casa. Mi sdraiai e strisciai sotto la porta. Restai incastrato nel bel mezzo del percorso; già vedevo davanti a me il pavimento di mattoni del salotto di Dolceluna e già sentivo i boati dei suoi passi fare vibrare il pavimento. Mi spinsi in avanti con tutta la mia forza. Riuscii a togliermi da quella situazione difficile, e mi alzai in piedi appena oltre la soglia della casa. Mi spolverai i vestiti e poi mi guardai intorno in quegli spazi enormi. Ero terrorizzato.

Continua...



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