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IL RISTORANTE CINESE

Part II sent by x and uploaded on data 30/January/2005 18:06:39


Non feci in tempo ad entrarvi che in lontananza si spalancò la tenda della stanzetta: apparve Michela, altissima, anzi, gigantesca, di maestosità incomparabile con qualsiasi altra cosa avessi mai visto. Rimasi a bocca aperta: non mi ero ancora abituato a quelle dimensioni, né tanto meno mi ero preparato a una visione così terrificante e così incantevole. Michela si guardò un attimo intorno. Subito sorrise, quindi parlò: <<Benissimo, vedo che avete già cominciato a mangiare; davvero bravi, nemmeno mi avete aspettato... piaciuti i dolcetti???>> Qui il sorriso si allargò e scoppiò in una risata fragorosa e per nulla rassicurante. Non mi ci volle molto a comprendere che era stata lei, con la complicità di Kaori, l'artefice della mia riduzione. Quali fossero lo loro intenzioni non mi era ancora del tutto chiaro, ma quegli occhi, illuminati di diabolico, non promettevano nulla di buono. La mia amica si diresse verso la sedia di Laura. La vidi chinarsi e pochissimo dopo alzare trionfante nella mano destra una bambolina mora... Laura! <<Ma quando sei carina tutta nuda: sei veramente un amore così!>>. Quindi venne dall'altra parte del tavola. Scostò la camicia nera di Roby e subito trovò il suo fidanzatino. Ora toccava a me. Michela cominciò a cercarmi: vide sotto la mia t-shirt e, non trovandomi, si abbassò, cercando tra i pantaloni e nelle scarpe. Perplessa, si rialzò per dare un'occhiata per la stanza e poi si controllò anche le suole delle scarpe. Stava diventando nervosa, cominciò ad imprecare, dicendo che se non mi fossi subito fatto trovare mi avrebbe schiacciato. In precedenza avevo avuto dei dubbi sulla possibilità di uscire allo scoperto, tuttavia avevo preferito rimanere nascosto e le ultime parole di Michela mi facevano pensare di aver fatto la scelta giusta. D'altronde non potevo muovermi da lì, sotto di me c'era un precipizio di parecchie decine di metri, così rimasi in attesa di sviluppi. Ma, dal canto mio, ero abbastanza sicuro di non essere trovato, potendo spostarmi all'interno delle vicine canne di bambù. Mentre Michela ancora si affannava inutilmente nella mia ricerca, arrivò Kaori, portando un secondo vassoio. <<Kaori, ho un problema... non trovo Alessio!>>. <<Che significa non lo trovi: i suoi vestiti sono lì, no? Cerca lì in mezzo!>> <<No, ho cercato bene e non c'è! Sicura che non sia uscito?>> <<No, è impossibile passare attraverso il paravento, è fisso in terra, e se fosse uscito dalla tenda me ne sarei accorta... guarda meglio, lo troverai svenuto nelle sue stesse scarpe>>. <<Cretina, ti ho detto che ci ho visto!>> Scuotendo la testa, la cameriera cominciò a cercarmi da sé, con lo stesso esito di Michela. <<E' molto strano: forse in cucina hanno sbagliato le dosi e hanno fatto la droga dei biscotti troppo potente: il tuo amico potrebbe essersi dissolto nel nulla, ma se il problema è un solo omino, te ne posso far avere subito un altro... anche due o tre se magari mi passi la tua amichetta. Lei sembra proprio un bel bocconcino! >> <<Scordatelo!>> <<Eddai, che devi farci? Sarai mica diventata lesbica anche tu???>> <<Mi spiace cara, per fortuna ancora non sei contagiosa...>> <<Fa quello che vuoi, io non ti faccio avere niente!>> Kaori uscì velocemente, lasciando Michela parzialmente rinfrancata per come aveva trionfalmente vinto il breve ma intenso alterco con la sua complice, che avevo scoperto essere omosessuale.

Michela andò a sedersi al posto di Roby e poggiò Laura e lo stesso Roby sulla mia vecchia sedia. Dalla mia postazione, nella crepa del paravento, potevo vederli benissimo, e notai solo ora che lui era alto più o meno come me, millimetro più, millimetro meno, mentre lei era più del doppio, 8 o 9 centimetri. Pensai che probabilmente dipendeva dal fatto che noi due avevamo mangiato 2 dolcetti, mentre lei aveva dato appena pochi morsi al primo... Entrambi comunque apparivano evidentemente intimoriti, come me d'altronde, dalle dimensioni e dal presagio delle intenzioni di Michela: Laura soprattutto pareva davvero shockata, tremava come una foglia, e se ne stava accasciata. Mi sarebbe piaciuto scendere e farmi vedere da loro due, ma avrei rischiato troppo di essere scoperto da Michela e l'idea di trovarmi tra le grinfie della mia amica in quella situazione non mi piaceva per nulla.<<Anche se un nostro commensale manca all'appello, io direi che possiamo cominciare ugualmente... dunque, io mangio, voi nel frattempo mi fate un bel massaggio ai piedini: queste scarpe nuove mi stanno davvero uccidendo!>> disse Michela, e intanto appoggiava le belle estremità sulla mia sedia. Così da vicino non le avevo mai viste, erano enormi ma bellissime, emanavano anche un odore piuttosto gradevole, mascherato da quello del cuoio dei sabot nuovi. Roby e Laura non si mossero, Michela così li incoraggiò con voce più scocciata <<Dai, fatemi questo piacerino... Roby carissimo, me li massaggi ogni volta che te lo chiedo, anche dopo che ho fatto jogging, e adesso che sono puliti non ti va?>>. Michela accavallò i piedi, il tallone del destro sul dorso del sinistro. Fu ora che Roby si avvicinò ai piedi della sua ragazza. Iniziò così a massaggiare la pianta del destro, palpando energicamente sotto l'alluce. Michela, che aveva iniziato a mangiare una sorta di minestra, sembrò gradire l'iniziativa del suo Roby <<Mmm... bravo, è proprio là che mi fa male. Ahhh, adesso vai un po’ più giù, verso il tallone.>> Mentre Roby si sforzava per soddisfare Michela, Laura rimaneva in disparte su un angolo della sedia, ancora atterrita. Michela provò a convincerla <<Dai Lauretta, proprio non ti va?>>. Laura scosse il capo. <<Allora ti convinco io... se non mi baci le ditine adesso ti schiaccio!>> Con un movimento improvviso sollevò il destro da sopra Roby e lo posò su Laura, mettendola schiena a terra con l'alluce che le premeva sulla faccia. Laura iniziò ad urlare: potevo sentire bene i suoi acuti sottilissimi, come pure Michela, che rise e le parlò <<Adesso ti lagni? Dovevi pensarci prima! Ora bacia per bene i piedi della tua principessa!>>. Si vedeva lontano un miglio che Laura era veramente terrorizzata, eppure Michela continuava a tormentarla e si divertiva a vederla soffrire. Pensai a quanto era stronza, temevo potesse farle realmente male, e fui quasi sul punto di uscire dal mio nascondiglio per andare ad aiutarla. Mi anticipò Roby, che si diresse verso il piede che schiacciava Laura e cerco di alzare l'alluce. <<Guarda che bravo cavaliere! Ti offri di aiutare una dama in difficoltà? Spiacente, ma è lei che deve pagare>>. Roby, che certamente si rendeva conto della sofferenza di Laura, morse l'alluce a Michela. Pensavo che il suo tentativo si sarebbe rivelato risibile, Michela invece allontanò il piede con un'esclamazione di dolore. Furibonda per l'affronto subito, guardò il suo ragazzo << Brutto stronzo, che cazzo ti salta in mente?! Vuoi proprio farti ammazzare, eh? Eccoti servito!>> così dicendo alzò il piede destro da sopra Laura e lo abbassò su Roby. Stavolta, senza nessuna delicatezza, lo schiaccio completamente sotto la parte della suola vicina alle dita. <<Sai Laura, è davvero bellissimo... sento che lui si agita disperato, mentre io sento appena un gradevolissimo prurito. Ma adesso lo finisco, che a te serva di lezione!>>. Michela poggiò il sinistro per terra e si alzò dalla sedia, spostando tutto il suo enorme peso sul povero corpo di Roby. <<Ecco, non si muove più>>. Un rivoletto di sangue cominciò a scorrere da sotto le carni della pianta di Michela. Laura si coprì il volto e scoppiò a piangere. Anch'io ora ero veramente impaurito: se fino a poco prima avevo mantenuto viva la remota speranza che Michela volesse solo divertirsi, ora anche questa era svanita del tutto.

Michela alzò il tallone dalla sedia. Laura si trovava davanti al suo piede, ancora con le mani sul viso, e non vide nulla. Io invece potevo ben notare la poltiglia informe che era rimasta sulla sedia, nonchè la suola del piede di Michela, grondante di sangue. Anche la stessa Michela pareva stupita, nemmeno lei si aspettava un simile risultato dalla sua potenza. Pulì rapidamente con un fazzoletto i resti di Roby dal piede destro e dalla sedia. Quindi ricominciò a mangiare la sua minestrina. Laura continuava a piagnucolare, sebbene più flebilmente, e si era messa seduta sulle natiche, abbracciata alle sue stesse gambe, fissando con occhi sbarrati la chiazza rossa rimasta nel punto in cui Michela aveva appena schiacciato Roby. Michela, meno dura che in altre occasioni, provò a consolarla <<Smettila di frignare, a te non riserverò una fine così orribile... ormai mi sono sfogata!>>. Laura si voltò verso di lei, senza mutare espressione, con il viso nascosto fin sopra al naso da un braccio che le cingeva le ginocchia. <<Stai forse piangendo per Alessio? Sappi che non ti sei persa nulla, è uno stronzetto come tanti: ti guardava come se volesse saltarti addosso da un momento all'altro. Ne avresti trovanti a caterve come lui.>> Imprecai mentalmente contro quella maledetta per il modo in cui mi stava screditando: avevo una gran voglia di spaccarle la faccia. <<Se ti può consolare, penso che non sia sparito nel nulla come Kaori vuol farmi credere: quella puttana lesbica era venuta per te, ma è talmente imbranata che, non trovandoti, avrà preso Alessio per ricattarmi. Ma anche la proprietaria del locale è mia amica, se non me lo ridà la faccio licenziare!>> Sulla sua faccia si accese un sorriso compiaciuto per la brillantezza di quelle sue inesatte supposizioni e per il progetto di vendetta che già stava pianificando nei confronti della cameriera. <<Per il momento, comunque, mi basti tu: non hai fame???>> Michela mise una mollica di pane imbevuta nella minestra tra l'alluce e il secondo dito del piede sinistro, quello pulito, e porse la razione a Laura con il palese fine di farle continuare il servizio già incominciato da Roby. Quel pezzettino di pane, che sarebbe stato sufficiente a sfamarmi per un giorno intero, rappresentava un trofeo ambito anche per me, che avevo mangiato solo quei due dolcetti malefici nelle ultime 8 ore. Michela faceva dondolare lentamente il suo piedino sulla testa di Laura, come una pescatrice che agita la lenza per persuadere un pesce ad abboccare. Laura però rimase immobile, accrescendo il disappunto e la frustrazione di Michela. <<Non ti piacciono proprio, a quanto vedo... non ti capisco, io vado pazza per i piedini femminili, faccio la pedicure una volta a settimana e spendo centinaia di euro per le scarpe ogni mese! Io me ne intendo, ti posso dire che anche i tuoi sono carini... anzi... quasi quasi...>> Michela guardò Laura in modo poco tranquillizzante: allungò la mano verso di lei, la afferrò e la poggiò nel piatto di minestra, che ormai doveva essere quasi vuoto, tanto che la mia piccola amata si bagnò solo le natiche e le gambe fino allo stinco. Michela la sollevò e la avvicinò alla bocca, cominciando a baciare i piedini di Laura. A causa della grandezza della sua bocca, tuttavia questi finivano sempre inevitabilmente nel suo interno. Così comprese che era più facile introdurvi una gamba intera e succhiare fin dove era insaporita dalla minestra. Succhiava avidamente tenendo gli occhi socchiusi, e intanto mugolava deliziata. Michela continuò imperterrita il suo servizietto, nel corso del quale avvolgeva le divine estremità della sua amica con sinuosi movimenti di labbra e (posso immaginare) di lingua, scorrendo lentamente dalla caviglia a fin sotto il ginocchio e tornando indietro ripetutamente con la stessa delicatezza. Quando poi voleva cambiare piedino faceva fuoriuscire con un lento movimento del labbro inferiore il tallone; quindi, per alcuni secondi, teneva dentro soltanto le piccolissime ditine, che infine lasciava scivolare fuori sempre sullo stesso labbro.
Laura era incredula, rimase per tutto il tempo impassibile in silenzio, seduta tra i palmi delle mani di Michela a vederla adorarle i piedi: si lasciò sfuggire solo un paio di sorrisini, nei momenti in cui si sentiva solleticata. Io invece, ancora all'interno del paravento in bambù, riuscii a godermi uno spettacolo fetish assolutamente unico, seppur da spettatore passivo.

Dopo 3 minuti circa, Michela terminò il suo lavoro e lasciò Laura con entrambi i piedi appoggiati tra le sue labbra, appena sotto il naso. Riaprendo gli occhi, assaporò ancora una volta quel gusto squisito (di minestra?) passandosi la lingua sulla bocca. Quindi li allontanò dalle labbra con un ultimo bacio sulle piantine imbevute di saliva. Michela appariva confusa per quello che aveva appena fatto, guardava con occhi stralunati Laura, rimasta distesa sulle dita delle sue mani, con i piedi incrociati sul polso. Quindi sentenziò <<E' stato davvero bellissimo... non avevo mai provato questo con una donna: sono una cliente abituale, ma... finora ero venuta qui solo per scaricare definitivamente i miei ex>> Michela parlava sommessamente, quasi rammaricata per il tempo perso con degli inutili maschietti. Aveva una voce diversa rispetto a quando insultava e minacciava, ora con tono pacato, privo di partecipazione aggiungeva <<Ti ringrazio, Laura>> seguì una lunga pausa: pareva aver finito il suo breve discorso, poi però aggiunse lapidaria, sempre con la stessa voce <<Peccato solo che tu mi abbia già messo l'acquolina in bocca... mi spiace ma... adesso ti voglio TUTTA!>> La repentinità di quest'ultima sentenza mi lasciò assolutamente interdetto. Anche Laura sulle prime non riuscì a ribattere e si vide di nuovo precipitare nella minestra. Stavolta Michela si preoccupò di bagnarla per bene, la mise a schiena in giù, poi la rigirò premendola con le dita verso il fondo del piatto. La riprese in mano e la riavvicinò alla bocca, con un altro fine rispetto a pochi minuti prima. Le sue movenze apparivano esitanti e il suo sguardo spento e inespressivo, perso verso un punto lontano: sembrava in trance. Laura, sballottata prima verso il basso, poi rialzata di colpo tutta inzuppata, rimase frastornata per alcuni istanti. Poi si vide improvvisamente al cospetto delle fauci spalancate di Michela. Iniziò ad urlare e ad imprecare tra i singhiozzi di venire risparmiata. Anch'io, angosciato, mi sporsi dal mio antro, gridando i nomi di Michela e Laura ma, per le mie minori dimensioni, nessuna delle due sembrò udirlo. Laura si trovava ormai a pochi centimetri dalle labbra di Michela. La gigantessa iniziò a introdurla nel suo orifizio carnoso, ancora una volta partendo dalle gambe. Continuava a muoversi inconsciamente, senza ricevere stimoli esterni: persino gli acuti disperati di Laura la lasciavano indifferente. Laura cercava inoltre di divincolarsi con tutte le sue forze, scalciava sul palato di Michela e si agitava terrorizzata nella sua morsa, eppure Michela riuscì ad ingoiare anche il ventre e le braccia con facilità. Rimaneva fuori dalla bocca solo la testa. La fine era evidente e ormai prossima. Il pianto di Laura era ora spezzato solo da poche urla, sfinite e rassegnate. Io continuavo ad chiamarla a squarciagola, voleva farmi notare da lei un'ultima volta. Le dissi che l'amavo, ma di certo non mi sentì. Eppure fu a me che rivolse i suoi ultimi pensieri: mi invocò urlando il mio nome, dicendo che sperava di ritrovarmi. Un attimo dopo scomparì definitivamente nella bocca di Michela che, sollevando la gola, ingerì intero il suo boccone. Scoppiai in un pianto dirotto: nella stessa sera avevo trovato e perso il mio amore e la persona che me lo aveva portato, ora se lo riprendeva nel più atroce dei modi <<Non temere Laura, ti vendicherò e ti raggiungerò.>>.

Subito dopo aver finito il suo pasto, Michela sembrò riprendere coscienza di se stessa: i suoi lineamenti tesi si sciolsero improvvisamente, la sua bocca assassina si allargò in un sorriso soddisfatto e, con una mano, andò a carezzarsi lo stomaco. Allora entrò nuovamente Kaori portando un vassoio, e chiese <<Hai ritrovato il tuo amico?>>. <<No, in compenso ho scoperto quando dolci siano le femminucce... avevi ragione, sono squisite da mangiare, delicatissime, scivolano giù a meraviglia. Ancora la sento agitarsi nello stomaco, solletica che è un piacere>>. <<E il tuo ragazzo?>> <<Già andato, ha fatto la fine dei più>>.<<Sei la solita ingorda, li finisci sempre prima del secondo. Ad ogni modo alla "direzione" mi hanno detto di portarti un altro in sostituzione di quello sparito: dopo tutto sei una cliente affezionata>> La cameriera lo ammise ciò con voce aspra, e sollevò il coperchio dal vassoio, scoprendo un nuovo piatto e un omino in un bicchiere affianco. <<La tua insalata di pollo e un omino offerto dalla casa: buon secondo piatto!>> Quindi, se ne tornò da dove era venuta. Io ero ancora lì, stavo asciugandomi le ultime lacrime, ma mi sentivo a pezzi, lacerato dentro dal dolore. Ciò nonostante avevo riflettuto e avevo realizzato che il modo migliore per farla pagare a Michela, Kaori e tutti i partecipanti al gioco perverso di quel ristorante cinese era denunciare al mondo intero le loro malefatte. In fondo mi sarebbe stato impossibile farmi giustizia da solo nelle mie condizioni attuali: dovevo "soltanto" uscire fuori dal locale e trovare qualcuno che mi aiutasse ad arrivare dalla polizia.
Mi guardai intorno all'interno del mio antro nel paravento: notai che dalla parte opposta a quella in cui ero entrata, in direzione dell'uscita, c'era un altro piccolo buco. Con un po’ di fatica riuscii ad allargarlo abbastanza da passarvi attraverso. Mi sporsi e guardai giù nel vuoto, provando un senso di vertigine, ma facendomi pian piano coraggio mi portai fuori dal paravento attaccato al solito spago sporgente. C'erano fili che tenevano unite le canne orizzontalmente, altri verticalmente. Ed era sfruttando uno di questi che dovevo raggiungere una quota più sicura: raccogliendo tutte le mie forze e il mio coraggio, mi lasciai scivolare lungo uno di questi fili. Un paio di volte rischiai di perdere la presa, ma per fortuna i fili della rilegatura orizzontale si ripetevano ogni 20-30 centimetri reali e mi permettevano di sostare per riposare. Riuscii a raggiungere il piano terra sano e salvo, sebbene con un dolore terribile alle mani, piene di graffi per lo sfregamento cui le avevo sottoposte per rallentare di volta in volta la caduta. Una volta sul pavimento, comunque, mi avvicinai al battiscopa: era tutto scuro e il rischio di essere visto dal personale del locale di passaggio era piuttosto esiguo. Percorsi velocemente i 150 metri circa che mi separavano dall'altra stanzetta con relativo paravento in bambù, l'unica prima dell'agognata uscita. Anche qui trovai un utile orifizio tra due canne, e vi entrai per accorciare la strada. La stanza in cui ero appena penetrato era occupata, c'era solo una bella biondina seminuda, senza slip e con la minigonna sollevata, intenta a masturbarsi. Dalla mia prospettiva mi era difficile vedere, per le mie dimensioni la sedia era alta come un palazzo a 5 piani, ma intuii dai suoi movimenti e dai mugolii che certamente stava usando un omino come dildo. Distratta dal suo gioco erotico, mi fu facile passarle tra le gambe senza farmi notare. Giunsi con relativa facilità dall'altra parte della stanzetta, dove cercai una nuova crepa, la trova, vi passai attraverso. Ormai ero vicino all'uscita e, una volta all'esterno, qualcuno forse mi avrebbe trovato: un cliente ignaro, un metronotte, qualcuno di passaggio... una persona qualunque l'avrei trovata, ma le mie intenzioni furono tragicamente disattese quando, arrivato alla fine del mio viaggio, trovai un grandino, per me enorme, a sbarrarmi la strada. Evidentemente era progettato apposta, qui erano davvero prevenuti.

Mi appoggiai per terra, sul pavimento liscio, appoggiato alla parete e deluso per come i miei piani erano andati in fumo. Ero arrabbiato, arrabbiato con tutto il mondo, con me stesso, con Kaori, con Michela: avevo fatto una promessa alla persona che amavo e ora non ero in grado di mantenerla. Sconfortato, ritornai sui miei passi. Se fossi morto in quel preciso istante, su un dio m'avesse fulminato o qualcosa m'avesse schiacciato poco mi sarebbe importato. All'improvviso un terremoto mi fece sussultare: la terra tremava e in lontananza cominciai ad udire quel singolare flop che già prima, entrando, avevo sentito. Erano i passi di Kaori, li avevo riconosciuti subito, ancor prima che l'ombra enorme della cameriera sbucasse dall'angolo: la visione fu ancora una volta sconcertante, sebbene ormai cominciassi ad abituarmi alle mie dimensioni, non mi ero ancora trovato con una gigantessa in posizione eretta che mi camminava incontro. Sembrava un grattacielo con le gambe, due splendide gambe, e due piedini deliziosi con tanto di infradito. Decisi che, se proprio me ne dovevo andare, quello era un buon modo per un feticista come me: cominciai a correre verso Kaori, mentre lei camminava verso di me, immaginando che in realtà fosse Laura; e a dire il vero, a conti fatti, entrambe avevano dei piedi non troppo diversi nella forma, quelli di Kaori erano appena un po’ più piccoli. La cameriera asiatica di certo non mi aveva visto, perchè il suo incedere non subì esitazioni. Ero certo di venire schiacciato a momenti, eppure la cameriera posò l'ultimo passo a meno di uno dei miei metri da me. Io stavo ancora correndo e andai a sbattere sul bordo dell'infradito con lo stomaco, dove mi arrivava. Presi una botta fortissima perchè, nello stesso momento, Kaori stava alzando il piede per un nuovo passo. Rimasi stordito dal colpo, caddi in avanti, sull'infradito. La cameriera aveva queste calzature un pelo più grande della sua misura, avanzava dello spazio tra il suo piede e il bordo della ciabattina, e in questo spazio rimasi agonizzante per un po’, sballottato ad ogni passo sulle sue dita sudate. La corsa si arrestò non molto tempo dopo: Kaori era andata in una specie di camerino, uno sgabuzzino, per posare uno scopa. Si sedette ad una sedia lì dentro e tolse i piedi dagli infradito. In quel momento notai il profondo solco arrossato lasciato dal cinturino in plastica di quelle ciabatte, che risaltava sul candore del dorso delle splendide estremità di Kaori. La cameriera sollevò un piede e se lo portò tra le mani per massaggiarlo, evidentemente le doleva. Io ero rimasto sul suo infradito, in quanto non mi ero ancora ripreso del tutto. Ma, mentre Kaori stava per posare il piede giù, abbassò lo sguardò e mi vide. Spalancò gli occhi a mandorla e mi prese con molta grazia, sollevandomi all'altezza del viso <<E tu come diavolo sei finito qua??? Ti riconosco, sei l'amico di Michela! Alessio, giusto?>> Mi scrutò attentamente, portandomi al cospetto degli occhi castani, grandi più della mia testa. Mi girava scrupolosamente tra le mani, urtai anche il suo nasino mentre mi maneggiava e carezzava con premura. Ora che la vedevo al dettaglio, mentre mi toccava un po’ ovunque, mi sembrava molto più carina, e il mio riflesso fu spontaneo e assolutamente incontrollato. <<Ah, quindi ti faccio arrapare! Forse non l'hai capito, ma non sono proprio quel tipo di ragazza a cui piacciono i maschietti...>> Lo avevo capito, ma che potevo farci? Una donna è donna anche quando sai che è lesbica. Continuò <<Ora dovrei riportarti da Michela, suppongo: lei dovrebbe sapere come trattarvi>>. Io, che fino a quel momento avevo sottostato alla cameriera, mi ribellai, alzandomi sulla sua mano e agitando il braccio in segno di dissenso <<Quella puttana, ma lo sai cosa ha fatto agli altri, no?>>. Lei sembrò capire al volo le mie ragioni, fece una smorfia velatamente sofferente e disse <<Sai cosa ha fatto alla tua fidanzatina?>>. Io chinai la testa e annuii. <<E' vero, è crudele, a volte neanch'io so perchè lo faccio: il vecchio proprietario del locale permetteva alle persone di essere rimpicciolite solo se consenzienti e, soprattutto, con l'obbligo di tornare normali dopo una serata di divertimento. E' una cosa che è sempre stata fuorilegge, ma da quando è morto e gli è succeduta la figlia è diventata assolutamente criminale: tutto adesso si svolge all'insaputa delle povere vittime del locale, il Kashima è diventato un luogo di vendette private. La stessa Michela viene qui prevalentemente quando si stanca di un ragazzo: a quanto sarà arrivata, cinque? Sei???>> Nelle sue parole e nei suoi occhi potevo leggere l'amarezza, appariva sincera e io non avevo ragione di dubitare. Quindi aggiunse <<A volte vorrei mettere fine a questa follia, ma ormai ci sono dentro da un pezzo: denunciando il locale, ne farei le spese anch'io. E' per questo che non posso lasciare andare neanche te, che sei una delle tante vittime>> Sospirai rassegnato: mi ero già preparato a morire una volta e mi era andata bene, averla rimandata non faceva differenza. <<Quelli come te non sono per nulla peggio della maggior parte dei clienti del locale: prendi Michela, quella stronza acida: bacini e abbracci appena arriva e poi nelle stanze mi tratta come l'ultima persona del mondo. E guardati, ancora peggio ha trattato te, che le sei amico, mi ha detto, da parecchi anni! Non la odi per questo?>>. Annuii energicamente e a Kaori si illuminò il volto <<Bene, allora credo che stasera la tua amica insieme al dessert riceverà un thé molto speciale...>> Colsi al volo il piano di Kaori e provai una gran felicità: la mia vendetta, in qualche modo, si sarebbe compiuta, seppur solo parzialmente. Me ne sarei andato felice a riunirmi con Laura.

Kaori mi rimise ai suoi piedi, in mezzo alle sue ciabattine. Si stava concedendo ancora qualche minuto di pausa, intanto teneva i piedi sui talloni lì vicino. Lei non era esente da colpe riguardo a quel che mi era successo, assolutamente no, ma volevo comunque esprimerle la mia gratitudine per il progetto che si era appena promessa di portare a termine e in più era anche la sola, l’ultima occasione che avevo per godere di quelle mie fantasie che avevo sempre ritenuto irrealizzabili. Mi diressi verso i suoi piedini sotto il suo sguardo sorpreso e, raggiunta la suola, la abbracciai e cominciai a leccarla. Era appiccicosa al tatto, ma, me ne accorgevo solo in quel momento, non puzzava affatto: il suo sudore, piuttosto, aveva un profumo frizzante, quasi dolce ma nemmeno smaccato. Appoggiai la faccia al suo tallone per baciarla, ma mi sembrò di essere inutile; così, per farmi sentire, affondai completamente la testa nelle carni morbidissime delle sue piante muovendo su e giù, come un gatto che fa le fusa. Lei finalmente sembrò accorgersi di me, anzi, pareva gradire il trattamento e faceva ciondolare rilassata le ditine pochi centimetri sopra la mia testa. Improvvisamente persi il sostegno del suo piede: la cameriera lo aveva allontanato e io ero caduta faccia in avanti. Nemmeno il tempo di rialzarmi che mi vidi prendere tra il suo alluce e il secondo dito e sollevare leggermente. <<Sai che questo non ti salverà ma, se proprio vuoi saperlo, mi stai eccitando>>. Mi riabbassò appoggiandomi sul dorso dell'altro piede. <<Se vuoi continuare, massaggiami qui: l'elastico di queste ciabattine è terribile, massaggiami dove è rosso!>>. Il dorso del piede aveva una consistenza più dura, per massaggiarlo mi muovevo di continuo e provavo a picchiarlo. Mi sentivo un idiota e subito mi stancai. Mi fermai spossato, continuando però a baciarlo e leccarlo insistentemente. Kaori dall'alto mi osservava rallegrata e intanto, con molta discrezione, era andata a spostarsi gli slip con una mano per toccarsi. La bella asiatica alzò il tallone, cosicchè scivolai in basso. Finii sul suo alluce. Lei mi intimò <<Continua quassù!>>. Spalle al suo dorso, mi misi a sedere a cavallo dell'unghia senza smalto e mi sporsi in avanti per baciare e massaggiare la punta di questo dito. La posizione per me non era delle più comode, ma in qualche modo Kaori si stava divertendo e continuava a masturbarsi sempre più energicamente. Per la veemenza dei suoi spasmi di piacere, persi l’equilibrio dal suo piede e caddi proprio mentre raggiungeva l'orgasmo. In quel momento, presa dall'impeto della passione, sollevò quello stesso piede per schiacciarmi. Rimasi immobile schiena a terra, con il piede che mi venne addosso, senza però colpirmi in pieno: il busto e la testa infatti erano rimasti sempre tra il suo alluce e l'altro dito, sotto cui si trovavano le braccia, mentre le gambe erano sotto la pianta. L'impatto fu molto doloroso, pensai che mi avrebbe fracassato qualcosa, ma subito allentò la pressione, così rimasi semplicemente compresso sotto la suola delicata. Poi, senza dire niente, Kaori spostò il piede sempre tenendolo sopra di me. Lo fece guizzare all'indietro e andò a coprirmi interamente le gambe col suo alluce. L'alluce mi lasciava scoperto proprio dall'inguine in poi e il mio pene, ancora eretto in posizione verticale, era premuto contro questo dito. Kaori cominciò a fare su e giù, carezzando il mio minuscolo organo con l'alluce. Io l'avevo appena fatta godere, ora lei mi restituiva il favore, concedendomi una sorta di ultimo desiderio. Pensavo che, con la forza che si ritrovava, avrebbe anche potuto schiacciarmelo. Invece alla velocità dei movimenti del suo alluce univa anche un'incredibile destrezza e precisione, per mio gran piacere. Ero rilassatissimo, sempre con le spalle a terra e le braccia allargate. Socchiusi gli occhi e provai a pensare ancora che quel piedino che si stava strofinando sul mio pene fosse di Laura. L'insolito foot job non tardò a sortire i suoi effetti: venni in breve tempo, schizzando sull’unghia di Kaori, che si fermò e si sporse verso il basso. Venne ad occupare gran parte del mio campo visivo con il suo viso leggermente arrossato dall'imbarazzo, il sorriso smaliziato e gli occhi brillanti. <<Hai attizzato anche me... sei stato il primo: io sono stata brava?>> Nonostante mi sembrasse di non aver fatto nulla, compiaciuto per aver fatto godere anche lei che a certe esperienze non era avvezza, ricambiai il sorriso. Lei tolse completamente il piede da sopra di me. Quindi disse <<Ora devo proprio tornare a lavorare: mi spiace, mi ero quasi affezionata a te>>. Io rimasi sdraiato, senza accennare alcuna reazione. Lei mi guardò intenerita, mi sembrava sinceramente amareggiata per la morte che stava per infliggermi a malincuore. Eppure non aveva mai cambiato idea, non era mai parsa esitante e ciò mi faceva capire che non era la prima vittima che stava per fare... la cameriera mi prese in mano, portandomi all'altezza del petto. Strinse forte, molto forte. Urlai per il dolore intenso e pensai all'assurdo paradosso col fatto che era stata lei, un minuto prima, a farmi godere. Nello stritolarmi, però, non mi uccise, si limitò a rompermi tutti gli arti: avevo le ossa delle braccia delle gambe tutte rotte, forse lussate, e comunque prive di sensibilità. La morsa durò solo cinque secondi circa: poi Kaori allentò la presa. Mi guardò malinconica sul palmo della sua mano e mi ricordò <<Spero che tu non stia soffrendo troppo: non so, ma forse può aiutarti pensare che sto andando a farla pagare a una certa persona>>. La guardai per l’ultima volta negli occhi, mentre mi abbassava fino alla sua vagina. Si calò di nuove le mutandine e davanti a me apparve una macchia nera, simile nell’aspetto a un cespuglio di rovi. L'effetto che fecero i peli pubici sulla mia pelle non smentirono l'impressione visiva: manco fossero spinosi, mi riempirono di graffi su tutto il corpo, mentre Kaori mi inseriva nella cavità partendo dalla testa. L'attraversamento per fortuna fu breve: in pochi secondi mi ritrovai completamente all'interno. L'ambiente nella sua vagina era caldo e morbido, ma completamente umido e buio. Sentivo dolori ovunque, sia per la morsa precedente che per il passaggio attraverso la peluria. Credevo che sarei rimasto molte ore in agonia chiuso lì dentro; invece, non appena Kaori si rialzò e fece i primi passi, le contrazioni interne della sua vagina cominciarono a sfinirmi. Capii che presto sarei stato stritolato completamente. La mia vita sarebbe finita al buio di una gigantesca vagina, ma la vivida speranza di ritrovare la mia amata illuminava questa mia estrema sofferenza.

Fine.
Continua...


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