Theresa
Part I sent by Mick and uploaded on data 15/February/2003 18:55:37
Alle cinque del mattino, inuna stanza di uno squallido motel lungo la statale 57, ad uncentinaio di chilometri da Detroit, Jerry Lousma si stavadedicando alla sua attività preferita: scoparsi una puttana.Quella notte, spostandosi in auto per lavoro, ne aveva trovatauna davvero notevole. Sembrava molto giovane, 22 anni al massimo:era una ragazza di colore, molto carina, fisico snello eslanciato. Si chiamava Theresa. Stupito che una creatura all'apparenzacosì fresca e innocente fosse nel circuito della prostituzione,il nostro Jerry chiese: "Ma perché lo fai?". Theresasi mise a piangere: "Fino a due mesi fa andavo al College.Poi i miei genitori sono morti in un incidente. Mio zio mi havenduta". L'uomo fu colpito dalla sua triste storia, ma nonal punto da rinunciare a scoparsela. Così, alle cinque di quelmattino, la conduceva dentro l'edificio ad un solo piano, nellasquallida stanza di quello squallido motel. Jerry eraeccitatissimo, non gli capitava di certo tutti i giorni unaragazza così carina. Senza cerimonie la buttò sul letto e le sibuttò sopra. L'inizio del rapporto fu veramente intenso: ancheTheresa, dapprima alquanto riluttante, si stava lasciandotrasportare dall'ondata di piacere che stava investendo il suocliente. Jerry era oltremodo soddisfatto, si stava convincendosempre di più che avrebbe dovuto togliere quella adorabilegiovane di colore dal giro della prostituzione per portarla con sé.Ma l'uomo iniziava ad avvertire una situazione di disagio, noncapiva quale fosse la causa. Le cosce di Theresa lo stavanostringendo un po' troppo forte. Aprì gli occhi guardandosiattorno. I piedi della ragazza sporgevano abbondantemente fuoridal bordo del letto, la sua testa invece era appoggiata contro l'altraestremità. Possibile che fosse così alta? Come aveva potuto nonaccorgersene prima? Si voltò ancora: adesso i piedi sporgevanodi più ma che diavolo stava succedendo? "Ehi Theresafermati, ma che" tentò di articolare lo sbalorditissimoJerry. In risposta ebbe solo un profondo sospiro da parte dellaragazza che significava "Non interrompere, continua così".L'uomo fu cinto dalle sue braccia che, con una forza inaspettata,lo tenevano stretto a lei. Impossibile resisterle. Proseguìquindi il rapporto, più impaurito che eccitato, gettando sguardisempre più preoccupati alla crescita della giovane ragazza. Orai piedi erano arrivati a toccare la parete opposta: il lettometallico stava iniziando a scricchiolare sotto il peso sempre piùelevato della sua notevole occupante.
Per rimanere nella stanza, ora Theresadoveva piegare le ginocchia. Sembrava non essere preoccupata diquello che le stava accadendo: il suo unico pensiero era quellodi trarre il massimo piacere da un amante che per lei si stavafacendo sempre più piccolo. Tentando di allungare le gambe, laragazza andò a sfondare con la massima facilità sia dalla partedella testa che dalla parte dei piedi le esili pareti dicartongesso della baracca. Il letto aveva ceduto definitivamente.Nelle stanze limitrofe qualcuno aveva cominciato a gridare. AncheJerry, intrappolato tra le cosce che avevano il diametro oramaidi due grossi tronchi d'albero, urlava disperato. Ma Theresa nonaveva alcuna intenzione di fermarsi, né per quanto riguardava ilrapporto, né per quanto riguardava la sua crescita. Stavasuperando gli otto metri di lunghezza. La sua testa era entratacompletamente nella stanza accanto. Una coppia terrorizzata stavauscendo precipitosamente. Tutto questo la eccitò ancora di più.Intanto i suoi piedi stavano abbattendo un altro muro. Il suocorpo stava dilagando all'interno del motel. Gli spazi attorno alei si stavano facendo sempre più angusti. Raggiunta lalunghezza di dodici metri, decise che era necessario fare un po'di pulizia. Con una serie di poderose bracciate rimosse da sopradi sé alcuni metri del tetto. Jerry si ritrovò all'aria aperta.Vedeva che fuori dall'edificio in demolizione si stava radunandouna piccola folla di curiosi che stava assistendo allo spettacolodavvero insolito. Il poveruomo rivolse a loro le sue disperateinvocazioni di aiuto, ma questi oramai non potevano più nullacontro il corpo in espansione della ragazza. Stava tentando intutti i modi di divincolarsi da quella vagina divenuta oramaienorme.
Ad un tratto fu raggiunto dalla manona diTheresa che lo afferrò come fosse una bambola e cominciò adinserirselo nella fica dalla parte delle gambe. Oramai solo latesta usciva dal suo poderoso organo sessuale. Ben presto anchequella sarebbe stata inghiottita e di Jerry Lousma nessunoavrebbe più sentito niente. La sensazione di totale dominio sulsuo cliente accelerò in modo esponenziale il raggiungimento dell'orgasmo:il più potente che avesse mai provato. A questo si accompagnòla violentissima crescita del suo corpo: coloro che credevano diosservare lo strano spettacolo da una distanza di sicurezzafurono sorpresi e travolti dalla velocissima espansione del corpodella ragazza. Theresa si svegliò quando il sole già stavasalendo. Aveva un ricordo estremamente vago di quello che erasuccesso la notte precedente. Era completamente nuda, il frescoventicello del mattino stava accerezzando il suo corpo. Si alzòa sedere. Era in mezzo ad una vasta distesa verde, formata dapianticelle alte solo pochi centimetri. Sotto il suo sedere c'erauna larga chiazza di materiale sabbioso, completamentesparpagliato e disseminato di chiazze di vari colori. Le venne inmente il motel della notte precedente. Accovacciata sui suoiresti, stupidamente, Theresa cercava di rintracciare le sue cose.La prima impressione che la colse dopo la scoperta di esserediventata terribilmente grande fu una grandissima stizza per averperso i propri vestiti lì in mezzo ai calcinacci. Come avrebbefatto a ritornare a casa nuda? Sicuramente l'avrebbero arrestata.Aveva anche perso i soldi ora il suo padrone l'avrebbe picchiata.Solo in quel momento le venne in mente che, in quelle condizioni,il suo padrone era notevolmente più piccolo dell'unghia del suoalluce. Provò ad immaginarlo incazzato nero che pestava i piedisu quell'ampia superficie ricoperta dallo smalto azzurro. Sorrise.No, non era poi una situazione così brutta quella in cui sitrovava. Si alzò da terra spolverando il suo corpo da tutti icalcinacci che le erano rimasti attaccati. Jack non riusciva acredere ai propri occhi: da vent'anni faceva il camionista, dicose strane ne aveva viste tantissime, ma questa le superavatutte quante di molte decine di volte. Davanti a lui, alcunecentinaia di metri distante, si era materializzata una figura didonna del tutto impossibile. Era addirittura sceso dal camion aprendere una boccata d'aria bah, forse un'allucinazione. Fece unapasseggiata attorno all'automezzo, per sgranchire le gambe eschiarirsi le idee. Non poteva essere vera. Quando si fossegirato di nuovo da quella parte, sicuramente sarebbe scomparsa.Invece no, quella figura immensa era ancora lì e si stavaalzando in piedi. In quel momento la stava guardando da dietro.Era enorme, non riusciva a paragonarla ad alcuna cosa che fosse lìpresente. Svettava dagli alberi con le sue gambe snelleelevandosi verso il cielo. Ad occhio stimò che fosse alta almenotrecento metri. Il sole ancora basso illuminava le sue formeperfette, esaltando ogni curva del suo corpo nudo. Ora la ragazzasi stava guardando attorno; il camionista fu investito dall'intensitàdi quegli occhi che esprimevano una fierezza ed un senso disuperiorità che non aveva mai visto in nessuno prima di allora.Era impossibile non sentirsi dei vermi di fronte ad una talecreatura.
Theresa si guardò intorno. Era veramenteenorme. Attorno a sé vedeva la verde distesa della forestasolcata dalle grigie stradine e punteggiata da qualche edificioqua e là. Tutta roba piccolissima in confronto a lei. Che fare?Di certo non poteva restarsene lì impalata. Cominciò acamminare per la foresta; gli alberi crepitavano sotto i suoismisurati piedi dandole una piacevole sensazione. Il terreno erasoffice, ad ogni passo sprofondava di qualche millimetrolasciando dietro di sé vastissime orme; con la sua passeggiata,stava distruggendo migliaia di alberi, ma non poteva davvero farealtrimenti. Poco davanti a sé scorse un complesso di fabbricati,probabilmente un'azienda agricola o qualcosa del genere. Siavvicinò per curiosità. Giunta nelle vicinanze, Theresa notòcon stupore che un grande capannone in legno iniziò ad oscillareper poi andare a crollare pochissimo dopo. Intanto alcuniminuscoli omini stavano uscendo terrorizzati dall'edificio piùgrande. Possibile che fosse lei la causa di tutto questosconquasso? Era facile verificarlo. Sollevò in alto il piededestro (quasi cento metri sopra il terreno nella scala normale) elo abbatté con tutta la forza che aveva sul prato che circondaval'azienda, producendo un vasto cratere. L'onda d'urto travolse l'edificioprincipale, facendolo rapidamente collassare su se stesso.Soddisfatta, Theresa riprese il cammino pensando a qualisarebbero stati gli effetti se invece avesse colpito direttamenteil fabbricato. Si ripromise di compiere quel tentativo piùavanti. Il centro di rilevamento geologico era particolarmente insubbuglio quella mattina. Non si stavano registrando attivitàparticolarmente intense, nessun terremoto devastante, ciò chedestava preoccupazione erano le modalità con cui si stavanoproducendo delle piccole scosse sismiche nel nord degli StatiUniti. Erano ritmiche, sembravano provenire direttamente dallasuperficie ed il loro epicentro si stava spostando con unavelocità pressoché costante. Mai vista una roba del genere.Ecco, ora il fenomeno si stava avvicinando ad uno dei punti dirilevamento proprio sul più bello il segnale svanì. Sembravaquasi un bombardamento ritmico e continuo, cosa poteva essere aprodurre un simile fenomeno? Una stazione di controllo delservizio geologico posta nelle vicinanze di Detroit sembrava aversviluppato un'ipotesi tanto inverosimile quanto inquietante.
Theresa cominciava ad annoiarsi: perlunghi minuti aveva camminato sentendo solamente il rumore deipropri passi. Finalmente, però, il paesaggio stava cominciando acambiare e, da quanto lasciava intravedere la foschia mattutinache si stava diradando, i particolari sembravano piuttostoeccitanti per la maestosa ragazza. Di fronte a lei si stagliavauna larga striscia grigia, la pista di un aeroporto. CRUNCHHH, ilsuo piedone atterrò su di essa producendo un'orma profonda unpaio di metri da cui si dipartivano lunghe crepe in direzioneradiale. Finalmente cambiava la musica, pensò la gigantessapercorrendo la breve pisterella, alla cui estremità era fermo unaereo pronto al decollo. Theresa si fermò appena davanti, sichinò e lo raccolse delicatamente: era un modello molto piccolo,probabilmente privato, poteva stare comodamente sulla sua mano.Riusciva a scorgere, dietro i minuscoli oblò, il terrore deisuoi occupanti intrappolati all'interno. Che cosa avrebbe potutofarne? La sua vagina lo reclamava a gran voce. Con la massimafacilità strappò via le ali e cominciò a masturbarsi sotto gliocchi di un intero aeroporto con quel piccolo oggetto di piacere."MMMHHH, SIIIII.", ma il velivolo, progettato perresistere alle più intense turbolenze dell'aria, non era ingrado di sostenere l'uragano della sua vulva e si spezzò quasisubito in due tronconi. Scornata, Theresa tornò a rivolgersi alresto dello scalo, alle decine di aerei piccoli e grandi lìdisseminati e tutti completamente inutili per lei. Ricominciò acamminare, l'aereo più vicino, un Boeing 747 era oramai alla suaportata, il gigante dell'aria non aveva alcuna possibilitàcontro la gigantessa della terra. Il piede destro, benché piùpiccolo dell'intero aereo, piombò al centro della fusolieraschiacciandola completamente e pressandola per bene all'internodella sua impronta. Le ali, in un ultimo fremito di vita, sipiegarono verso l'alto, il carburante, schizzato fuori daiserbatoi pieni si incendiò contro i motori roventi. Intanto ilpiede sinistro aveva già raggiunto un'altra vittima, unmicroscopico aereo da turismo: alla fine era difficile scorgerlosul fondo dall'orma. Incredibile quanto fossero fragili queigiocattolini luccicanti. Sentendosi invincibile, Theresa siabbandonò così ad una folle distruzione, decine di velivoliterminarono la loro esistenza sotto la sua furia; stavaprovocando milioni di dollari di danni e tutto questo senza chenessuno potesse intervenire per fermarla. Gli addetti delcontrollo di volo non poterono fare altro che osservare impotentiil colossale tallone della gigantessa andare ad appoggiarsi sullasommità della torre prima che questa venisse frantumata a terra.Dagli aerei era passata agli edifici. Sia quelli di cementoarmato che gli hangar d'acciaio non potevano nulla contro il suopeso di centinaia di migliaia di tonnellate. Dalle uscite siriversavano fuori fiumi di gente impazzita che tentava di evitarela sorte delle formiche, ma muoversi in quel pandemonio eraimpossibile: le violentissime scosse prodotte dai passi dellatitanica ragazza gettavano a terra chi tentava di correre via. Inpochissimi minuti l'aeroporto si trasformò in una distesafumante di macerie e rottami. Oramai la foschia si era diradata.Theresa poteva ora scorgere bene da una prospettiva del tuttonuova la città: migliaia di piccoli edifici che avevano per leila consistenza di castelli di sabbia e milioni di persone che sisarebbero trovate in un bel guaio. Restò per un paio di minutiad osservare quel panorama esaltante: negli ultimi mesi avevacreduto di perdere tutto, era stata completamente ridotta inschiavitù. Le sensazioni che provava in quel momento non eranosolo di assoluta libertà. Voleva avere una sorta di rivincita suquel mondo che l'aveva gettata lì in basso, come un oggetto delvalore di pochi dollari. Ahimè, il conto che avrebbe presentatosarebbe stato salatissimo.
Continua...
[ PART I ] [ PART II ]
|